Questo concetto è alla base del film "In Time", un'allegoria della vita attuale, dove i ricchi vivono all'infinito e i poveri crepano appena dopo i 25 anni. Ma qualcuno non ci sta e come moderno Robin Hood inceppa il sistema.
Un film, dallo stesso regista di Gattaca, che in mio modesto parere è un piccolo cult movie.
Alla fine del XXI secolo, le persone sono geneticamente programmate per vivere soltanto fino a ventisei anni: il loro fisico resta fermo a venticinque anni, dopodichè sul loro braccio spunta un orologio che, azzerandosi, li uccide. Questo limite può essere esteso con ulteriore tempo, che va però acquistato, e permette di vivere ancora, senza peraltro invecchiare fisicamente. Il tempo è diventato la valuta con cui la gente viene pagata per il proprio lavoro, ed è il mezzo di pagamento per le necessità ed i lussi: esiste infatti una tecnologia che permette di immagazzinarlo, trasferirlo di persona in persona (basta tenersi per le braccia), e così via. I ricchi possono vivere per sempre, mentre gli altri cercano di negoziare per la loro immortalità.
Il protagonista del film, Will Salas, vive nella zona 12, la zona più povera, chiamata "il ghetto", con la madre, ormai cinquantenne. In questa zona le persone vivono alla giornata, cercando di guadagnare tempo ed evitare di far scadere il loro "orologio vitale". Ciascuno ha infatti un proprio timer visibile in un braccio, di colore verde fosforescente, in cui il tempo scorre in un inesorabile conto alla rovescia. L'orologio è composto da 13 cifre: 4 cifre per gli anni, 2 cifre per le settimane, 1 per i giorni, 2 per le ore, per i minuti e per i secondi. ©wikipedia
E' rubare se è già stato rubato?
(In Time)
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Bisogna vivere come si pensa, altrimenti si finirà per pensare a come si è vissuto. (Paul Bourget)